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Cimitirul Bellu, Bucarest 🇷🇴 ⠀ Avete mai s Cimitirul Bellu, Bucarest 🇷🇴
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Avete mai sentito parlare dell’Associazione dei Cimiteri Significativi in Europa?
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Si tratta di un network che coinvolge enti pubblici e privati che considerano i cimiteri testimonianza storica e con elevata valenza artistica. L’obbiettivo dell’Associazione è quello di promuovere i cimiteri come parte fondamentale del patrimonio dell’umanità, attraverso la collaborazione a progetti di salvaguardia, restauro, manutenzione e condivisione di best practices.
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Negli anni l’ASCE ha stilato un itinerario europeo per ammirare i tesori nascosti nei cimiteri sparsi per l’Europa e trovarne le tradizioni in comune.
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Il Cimitero Șerban Vodă, meglio conosciuto come Cimitirul Bellu, è tra i due cimiteri rumeni nella lista dell’ASCE (l’altro è a Cluj).
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La fondazione è attestata intorno al 1850, quando un ricco ministro di nome Barbu Bellu decise di donare al Comune un terreno dove i rumeni erano soliti passare le domeniche tra alberi di arance, mele, ciliegie, prugne e noci.
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La necessità di fondare questo nuovo cimitero fu dovuta alle norme igieniche e urbanistiche adottate dall’amministrazione rumena. I primi ospiti furono portati dai cimiteri intorno alle chiese cittadine, fino a raggiungere l’estensione odierna di 220.000 mq.
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Deve la sua notorietà non solo alla sua storia singolare, ma anche ai personaggi che ospita, in gran parte di spicco. I mausolei sono autentiche opere d’arte e rappresentano gli stili in voga nella Romania nel periodo di riferimento: Neogotico, Art Decò, Brâncoveanu (sono ben tre i mausolei realizzati da Ion Mincu!).
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Visitare il Cimitero Bellu è un’esperienza unica alla scoperta della storia della città, ma soprattutto del rapporto dei rumeni con la morte, molto diverso da quello che ho sempre vissuto.
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Voi avete mai visitato un cimitero? Se si, quale? Fatemelo sapere nei commenti e creiamo la nostra lista 👇🏻
Biserica Stavropoleos, Bucarest 🇹🇩 ⠀ Nel c Biserica Stavropoleos, Bucarest 🇹🇩
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Nel cuore della metropoli, circondata da grandi costruzioni che la fanno sembrare quasi fuori posto. Uno dei monumenti più famosi di Bucarest ed espressione del brâncoveanu, in voga nel sud della Romania durante il regno del principe Constantin Brancoveanu. Questo stile combina elementi locali, orientali, bizantini e del tardo Rinascimento italiano, sintesi delle influenze che hanno plasmato la vita culturale della regione durante il regno del principe, oggi celebrato dalla Chiesa ortodossa rumena come un santo.
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Tra gli elementi dello stile brâncoveanu presenti nella chiesa di Stavropoleos vi sono il portico con colonne in pietra scolpite con splendidi motivi floreali, le cornici delle finestre, la porta intagliata e l'uso di colonne per separare la navata e il nartece.
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Attualmente conserva parzialmente gli affreschi interni ed esterni, oltre a una ricca collezione di icone rare, oggetti e libri.
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La chiesa faceva parte del monastero di Stavropoleos, eretto nel 1724 per volere dell’archimandrita Ioanichie Stratonikeas (poi metropolita di Stavropoleos, da qui il nome), due anni dopo l’apertura della vicina locanda.
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In breve tempo il monastero divenne uno dei più ricchi, una situazione che non era destinata a durare. L’intera struttura fu vittima di incendi e terremoti, oltre che di un’amministrazione poco efficiente. Al XIX secolo riuscì a sopravvivere solo la Chiesa, restaurata da Ion Mincu nel XX secolo, il quale si occupò di ricostruire anche il monastero in stile neo-rumeno.
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Tra il 1904 e il 1940 nella chiesa non si tennero funzioni religiose ma aprì solo a scopo museale. Oggi la sua corte conserva una piccola collezione di frammenti provenienti dalle varie chiese di Bucarest che non esistono più.
Crăciun fericit tuturor! 🇷🇴 ⠀ Il termine Crăciun fericit tuturor! 🇷🇴
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Il termine “Crăciun” ha un’origine incerta, secondo alcuni fa riferimento al tronco d’albero che veniva bruciato durante la notte del solstizio d’inverno, per dare forza al sole durante il suo cammino di rinascita.
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Il Natale è una festa molto importante qui in Romania, un momento da dedicare alla famiglia e alla comunità. Ogni regione ha le proprie tradizioni, sicuramente più presenti nei villaggi e nelle campagne, ma alcuni simboli rimangono comuni e imprescindibili.
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I festeggiamenti non si limitano al 25, ma cominciano già dai primi giorni del mese. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre i bambini ricevono la visita di Moș Nicolae. Prima di andare a dormire sistemano le scarpe tirate a lucido davanti a porte e finestre, nell’attesa che il santo lasci loro dolci e piccoli doni.
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Il 20 dicembre è Sfântul Ignat, il giorno in cui si compie il sacrificio del maiale. È un’antica pratica pagana risalente ai Daci. Per loro era un animale che rappresentava le tenebre, in grado di indebolire il sole nella giornata più corta dell’anno. Compiuto il sacrificio, si procede con il “pomana porcului”, un pranzo per tutti i partecipanti e i vicini. Durante la macellazione si preparano anche i piatti a base di maiale che verranno consumati a Natale.
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L’albero si decora il giorno della vigilia, nel pomeriggio. Qui a Bucarest molti spiazzi vuoti vengono adibiti alla vendita, con decine e decine di pini freschi di varie dimensioni, ghirlande e mazzolini di vischio.
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Un’altra usanza importantissima, sia a Natale che a Pasqua, è quella dei colindători. Si tratta di gruppi in abiti e maschere tradizionali che girano per le case cantando della nascita di Gesù e augurando buon anno. In cambio si offrono soldi, frutta, dolci o colaci, un pane intrecciato che si cucina soprattutto per le feste o gli eventi importanti.
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Tra i piatti protagonisti del Natale rumeno vi sono sicuramente i sarmale (degli involtini di carne macinata e foglie di verza) e il cozonac (un lievitato con noci o semi di papavero e zucchero).
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Piața Obor, Bucarest 🇷🇴 ⠀ Piața Obor è Piața Obor, Bucarest 🇷🇴
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Piața Obor è il mercato più grande di Bucarest, un posto autentico e pieno di vita nonostante la massiccia riorganizzazione.
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Esiste fin dal XVII secolo, anche se in forme molto differenti. È stato fiera degli animali, luogo di esecuzione pubblica, location per i vari eventi della città, ma soprattutto mercato.
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Gli odori sono decisi e non sempre gradevoli, i colori terrosi e il cibo semplice. Per i rumeni rappresenta molto più di un mercato comunale: a Piața Obor ci si incontra, si beve, si chiacchiera e si combatte fino all’ultima trattativa.
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Vista la grandezza del mercato (26.399 mq!), vi consiglio di gironzolare a dovere tra i banchi e le “terase” per almeno una mattina.
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Cosa acquistare quindi in Piața Obor?
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•barattoli. Di ogni tipo e dimensione. Di solito vengono fatti in autunno a fine raccolto e custodiscono diverse preparazioni (zacuscă, cetrioli, salata de toamna, gogoșari, salata de vinete, fasole batuta etc);
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•artigianato. Il mercato è prettamente alimentare, ma ha anche una piccola sezione di artigiani. Troverete ceramiche splendidamente decorate, cestini, cucchiai intagliati e tessuti;
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•aglio, cipolla e cavolo. Sono tre ingredienti importantissimi nella cucina rumena, qui si trovano di buona qualità e a prezzi davvero vantaggiosi;
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🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •5 musei 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•5 musei da non perdere a Sarajevo
Sarajevo è molto più dei suoi quattro anni di assedio. Senz'altro è un tassello cruciale e spaventoso, soprattutto perché così recente, ma c'è tanto altro da scoprire. Viaggiare dovrebbe aiutarci ad indagare oltre la superficie e credo che in questo, i musei possano essere degli ottimi alleati.
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Ecco 5 musei da non perdere a Sarajevo per scoprirne storia, cultura e artigianato:
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-Sarajevska Vijećnica. Inaugurata nel 1896 e divenuta Biblioteca nazionale nella Seconda guerra mondiale. Il 25 agosto 1992 viene distrutta da un enorme incendio insieme a centinaia di libri, poi ricostruito secondo il progetto originale. La struttura in sé, in stile neo-moresco, meriterebbe una visita, ma nel seminterrato troverete anche una mostra sulla sua ricostruzione e sulla storia di Sarajevo dal 1914 al 2014;
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-Museo olimpico. Dedicato alle Olimpiadi del 1984 e distrutto durante la guerra degli anni '90. La collezione venne salvata grazie al contributo degli abitanti, che decisero di custodirla nei sotterranei della struttura. Oggi si trova a Villa Mandić, tra gli esempi di architettura austroungarica più importanti della città;
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-Museo della biblioteca di Gazi Husrev Beg. La collezione raccoglie più di 1200 pezzi, suddivisi in 5 aree tematiche. Sono presenti opere calligrafiche di artisti locali, manoscritti, tessuti, tappeti, ricami, abiti tradizionali e curiosi dispositivi utili a calcolare l'orario per la preghiera;
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-Casa Svrzo. Casa ottomana costruita nel XVIII secolo dai Glođos, un'importante famiglia di Sarajevo. Il cortile è arricchito dai balconi in legno scuro intarsiato, mentre gli interni sono arredati con vari mobili e suppellettili del periodo;
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🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•Međurečje
In questo periodo si parla spesso di territori contesi, exclavi, enclavi e affini. Mi è venuto in mente che effettivamente, anche se per nulla conosciuto, anche la Bosnia ha il suo exclave: Međurečje.
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Si tratta di un villaggio di appena 400 ettari, parte della Municipalità di Rudo (Repubblica Srpska, Bosnia ed Erzegovina), ma circondato dalla Municipalità di Priboj (Distretto di Zlatibor, Serbia).
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Il catasto è a carico della Bosnia, ma le vecchie strutture dell'ex Jugoslavia (ad esempio poste, scuole e la stazione di polizia) sono gestite dalla Serbia. La valuta ufficiale è il dinaro, ma si paga anche in marchi e persino in euro.
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Non è molto chiaro il processo che ha portato a questa situazione, visto che i documenti son pochi o inaffidabili. È stato però cruciale il contributo del Sevizio Catastale del Comune di Rudo, che conserva una vecchia carta austroungarica del 1884.
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Quanto stabilito dall'Impero è sopravvissuto alla Jugoslavia e arrivato fino ai giorni nostri. Diventò un problema in seguito alla disgregazione e all' indipendenza delle due repubbliche, quando il confine divenne a tutti gli effetti interstatale.
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Ovviamente l'impatto di questa situazione è tutta a carico degli abitanti, sia bosniaci che serbi. Parliamo di problemi di natura commerciale, economica e amministrativa, ma la difficoltà maggiore è quella di movimento. Per esempio, alcuni piccoli produttori che vendono al mercato di Priboj attraversano ben due valichi di frontiera, pagando doppiamente dogana e tasse. Costituiscono un'alternativa le strade rurali, solitamente in pessime condizioni. Il problema è stato alleviato nel 2005 (ma non completamente risolto) con un accordo che consente il trasferimento di prodotti certificati.
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Questo è quanto riportato nell'unica pubblicazione accademica reperibile online, ad opera di Rajko Golic, professore dell'Università di Belgrado. Purtroppo non vi sono molte altre notizie, tranne alcuni articoli del 2018, che però riportano la medesima situazione.
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🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •10 docum 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•10 documentari e film
Una lista di documentari e film sulla Bosnia e Sarajevo che ho visto e apprezzato in questi anni. Spesso (e inevitabilmente) si parla di guerra ma, alcuni registi, ne approfondiscono scenari quotidiani, di coloro che devono fare i conti con i ricordi e una vita da portare avanti nonostante tutto. 
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-I ponti di Sarajevo. 13 registi raccontano Sarajevo e la sua importanza nella storia europea degli ultimi 100 anni, dall'assassinio dell'Arciduca nel 1914 fino all'assedio degli anni 90. In questa linea temporale, i ponti vengono edificati e distrutti, ricostruiti e vissuti come simbolo di unione e separazione;
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-Scream for me Sarajevo. Nel 1994 Bruce Dickinson tiene un concerto a Sarajevo. Nel documentario decide di raccontare la città assediata, i suoi abitanti e il concerto che "ha cambiato per sempre il modo in cui vedo la vita, la morte e gli altri esseri umani";
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-Il segreto di Esma. È la storia di Esma e Sara, madre e figlia che nel 2006 vivono a Grbavica, quartiere di Sarajevo tra più colpiti dalle ultime guerre. Il film pone il focus su un dubbio che si insinua sempre più insistente nella vita dell'adolescente: vuole sapere chi era davvero suo padre;
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-Back to Bosnia. La storia di una famiglia che, dopo anni dall'assedio, torna in Bosnia per cercare la propria casa;
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-Buon anno Sarajevo. Rahima e Nedim sono due fratelli orfani della guerra in Bosnia. La prima trova conforto nell'Islam e riesce a cambiare vita, ma  le si presenta un'ulteriore sfida: fare da madre a suo fratello adolescente, con tutte le rinunce del caso;
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🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •Zmijansk 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•Zmijanski vez
Ad oggi l'UNESCO ha riconosciuto come Patrimonio Immateriale dell'umanità 549 elementi in 127 paesi del mondo, tre provengono dalla Bosnia: l'intaglio del legno di Konjic (2017), la raccolta dell'erba iva sul monte Ozren (2018) e il ricamo di Zmijanje (2014).
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Quest'ultimo è realizzato dalle donne di Zmijanje (un altopiano vicino a Banja Luka) per decorare abiti da sposa, sciarpe, vestiti, scialli e biancheria per la casa.
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I motivi sono geometrici, spesso romboidali, disegnati a punto croce con un filo azzurro intenso o nero su tessuti chiari. Vi sono dei soggetti ricorrenti, ma ogni donna reinventa secondo la propria fantasia.
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Viene eseguito in gruppo mentre si chiacchiera o canta e trasmesso oralmente, legando il ricamo ad altri elementi del patrimonio culturale come la musica, i rituali e la comunicazione non verbale.
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Ha anche un forte valore sentimentale per gli sfollati, i quali hanno spesso indossato questi indumenti come espressione dell'identità e dell'orgoglio nazionale e locale.
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Radenka Jungić ha dedicato anni a questa tecnica, ricevendo numerosi premi, ma in Bosnia c'è anche chi vuole utilizzare i saperi antichi rinnovandoli. È il caso di ZMIJANJE.design che ha creato una collezione di t-shirt, abiti e accessori stampati con texture ispirate ai ricami.
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Se questa tecnica vi incuriosisce, vi lascio alcuni indirizzi per vedere i manufatti o workshop in cui imparare:
-Zemaljski Musej, Zmaja od Bosne 3, Sarajevo;
-Humanitarno Udruzenje Zena Duga, Ulica Srpska 14, Banja Luka;
-Muzej Republike Srpske, Đure Daničića 1, Banja Luka;
-Museum Ljubačke Doline, Ljubačevo.
🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •Le entit 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•Le entità
In seguito agli Accordi di Dayton la Bosnia è stata suddivisa in due entità: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina (meglio conosciuta come Repubblica Srpska).
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Entrambe hanno la propria capitale, il proprio parlamento, la propria bandiera e persino il proprio sistema postale. Tra i due territori vi è una Linea di Confine Inter-Entità, sempre stabilita negli accordi e che si basa sulla distribuzione dei vari gruppi etnici. Attualmente la Linea non è più controllata militarmente e può essere attraversata senza problemi.
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La Federazione è abitata principalmente da bosgnacchi e croati, mentre la Repubblica Srpska da serbi.
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Un territorio di cui non si parla spesso è il distretto di Brčko, un’unità amministrativa autonoma sotto la sovranità della Bosnia Erzegovina, nel nord-est del paese e parte di entrambe le entità. La popolazione qui è più eterogenea (bosgnacchi 42,36%, serbi 34,58%, croati 20,66%).
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Molti dicono che, prima della guerra, la Bosnia fosse davvero il paese multiculturale che viene decantato ancora oggi. Probabilmente lo era, ma le cartine successive ci mostrano come la situazione sia mutata, mostrando una distribuzione etnica così netta da non lasciare spazio a fraintendimenti.
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Della Sarajevo precedente al 1991 si racconta di come si vivesse in armonia, del senso di comunità. Sembra quasi una favola piena di nostalgia, qualcosa in cui credere ancora, ma non è esattamente una passeggiata tornare buoni vicini dopo una guerra e ci vorrà ben più di un accordo per riuscirci.
🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •Sarajevs 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•Sarajevska žičara
La funivia di Sarajevo è stata inaugurata il 3 maggio del 1959. La stazione di partenza si trovava in via Avdage Šahinagića (ora Dimitrija Tucovića), proprio di fronte al municipio; mentre la stazione d'arrivo a Vidikovac (sul monte Trebević). Il sistema comprendeva 50 cabine, ognuna con quattro posti e il viaggio durava 12 minuti.
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La costruzione vera e propria durò circa un anno, ma i preparativi cominciarono nel 1956. Ad occuparsene furono il progettista cecoslovacco František Šup e le società Impola (Slovenska Bistrica), Termoelektro (Belgrado), Jelšingrad (Banja Luka), Energoinvest (Sarajevo) e Transsexport (Cecoslovacchia).
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Durante l'assedio l'intero impianto fu completamente distrutto, lasciando un vuoto importante nella mobilità e nella memoria dei sarajevesi. Fino ad allora, sia il monte Trebevic che la funivia, furono punti di riferimento, luoghi d'incontro per picnic o lunghe passeggiate. Il rischio di non avere più un collegamento tra il centro e la montagna era proprio quello di abbandonarla per sempre.
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Nell'aprile 2018 qualcosa è cambiato: è stata inaugurata una nuova funivia. 33 cabine con 10 posti ognuna. Due anni in cui Sarajevo ha cominciato a riappropriarsi di uno spazio che le era stato strappato per troppo tempo, dando il via anche ad altri interventi.
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Ancora una volta la comunità resiste.
Gaia Putzolu
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Azerbaijan

  • Azerbaijan
  • Gennaio 16, 2020

Şəki, tra Baku e Tbilisi, sulla Via della seta

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Cimitirul Bellu, Bucarest 🇷🇴 ⠀ Avete mai s Cimitirul Bellu, Bucarest 🇷🇴
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Avete mai sentito parlare dell’Associazione dei Cimiteri Significativi in Europa?
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Si tratta di un network che coinvolge enti pubblici e privati che considerano i cimiteri testimonianza storica e con elevata valenza artistica. L’obbiettivo dell’Associazione è quello di promuovere i cimiteri come parte fondamentale del patrimonio dell’umanità, attraverso la collaborazione a progetti di salvaguardia, restauro, manutenzione e condivisione di best practices.
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Negli anni l’ASCE ha stilato un itinerario europeo per ammirare i tesori nascosti nei cimiteri sparsi per l’Europa e trovarne le tradizioni in comune.
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Il Cimitero Șerban Vodă, meglio conosciuto come Cimitirul Bellu, è tra i due cimiteri rumeni nella lista dell’ASCE (l’altro è a Cluj).
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La fondazione è attestata intorno al 1850, quando un ricco ministro di nome Barbu Bellu decise di donare al Comune un terreno dove i rumeni erano soliti passare le domeniche tra alberi di arance, mele, ciliegie, prugne e noci.
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La necessità di fondare questo nuovo cimitero fu dovuta alle norme igieniche e urbanistiche adottate dall’amministrazione rumena. I primi ospiti furono portati dai cimiteri intorno alle chiese cittadine, fino a raggiungere l’estensione odierna di 220.000 mq.
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Deve la sua notorietà non solo alla sua storia singolare, ma anche ai personaggi che ospita, in gran parte di spicco. I mausolei sono autentiche opere d’arte e rappresentano gli stili in voga nella Romania nel periodo di riferimento: Neogotico, Art Decò, Brâncoveanu (sono ben tre i mausolei realizzati da Ion Mincu!).
⠀
Visitare il Cimitero Bellu è un’esperienza unica alla scoperta della storia della città, ma soprattutto del rapporto dei rumeni con la morte, molto diverso da quello che ho sempre vissuto.
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Voi avete mai visitato un cimitero? Se si, quale? Fatemelo sapere nei commenti e creiamo la nostra lista 👇🏻
Biserica Stavropoleos, Bucarest 🇹🇩 ⠀ Nel c Biserica Stavropoleos, Bucarest 🇹🇩
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Nel cuore della metropoli, circondata da grandi costruzioni che la fanno sembrare quasi fuori posto. Uno dei monumenti più famosi di Bucarest ed espressione del brâncoveanu, in voga nel sud della Romania durante il regno del principe Constantin Brancoveanu. Questo stile combina elementi locali, orientali, bizantini e del tardo Rinascimento italiano, sintesi delle influenze che hanno plasmato la vita culturale della regione durante il regno del principe, oggi celebrato dalla Chiesa ortodossa rumena come un santo.
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Tra gli elementi dello stile brâncoveanu presenti nella chiesa di Stavropoleos vi sono il portico con colonne in pietra scolpite con splendidi motivi floreali, le cornici delle finestre, la porta intagliata e l'uso di colonne per separare la navata e il nartece.
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Attualmente conserva parzialmente gli affreschi interni ed esterni, oltre a una ricca collezione di icone rare, oggetti e libri.
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La chiesa faceva parte del monastero di Stavropoleos, eretto nel 1724 per volere dell’archimandrita Ioanichie Stratonikeas (poi metropolita di Stavropoleos, da qui il nome), due anni dopo l’apertura della vicina locanda.
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In breve tempo il monastero divenne uno dei più ricchi, una situazione che non era destinata a durare. L’intera struttura fu vittima di incendi e terremoti, oltre che di un’amministrazione poco efficiente. Al XIX secolo riuscì a sopravvivere solo la Chiesa, restaurata da Ion Mincu nel XX secolo, il quale si occupò di ricostruire anche il monastero in stile neo-rumeno.
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Tra il 1904 e il 1940 nella chiesa non si tennero funzioni religiose ma aprì solo a scopo museale. Oggi la sua corte conserva una piccola collezione di frammenti provenienti dalle varie chiese di Bucarest che non esistono più.
Crăciun fericit tuturor! 🇷🇴 ⠀ Il termine Crăciun fericit tuturor! 🇷🇴
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Il termine “Crăciun” ha un’origine incerta, secondo alcuni fa riferimento al tronco d’albero che veniva bruciato durante la notte del solstizio d’inverno, per dare forza al sole durante il suo cammino di rinascita.
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Il Natale è una festa molto importante qui in Romania, un momento da dedicare alla famiglia e alla comunità. Ogni regione ha le proprie tradizioni, sicuramente più presenti nei villaggi e nelle campagne, ma alcuni simboli rimangono comuni e imprescindibili.
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I festeggiamenti non si limitano al 25, ma cominciano già dai primi giorni del mese. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre i bambini ricevono la visita di Moș Nicolae. Prima di andare a dormire sistemano le scarpe tirate a lucido davanti a porte e finestre, nell’attesa che il santo lasci loro dolci e piccoli doni.
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Il 20 dicembre è Sfântul Ignat, il giorno in cui si compie il sacrificio del maiale. È un’antica pratica pagana risalente ai Daci. Per loro era un animale che rappresentava le tenebre, in grado di indebolire il sole nella giornata più corta dell’anno. Compiuto il sacrificio, si procede con il “pomana porcului”, un pranzo per tutti i partecipanti e i vicini. Durante la macellazione si preparano anche i piatti a base di maiale che verranno consumati a Natale.
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L’albero si decora il giorno della vigilia, nel pomeriggio. Qui a Bucarest molti spiazzi vuoti vengono adibiti alla vendita, con decine e decine di pini freschi di varie dimensioni, ghirlande e mazzolini di vischio.
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Un’altra usanza importantissima, sia a Natale che a Pasqua, è quella dei colindători. Si tratta di gruppi in abiti e maschere tradizionali che girano per le case cantando della nascita di Gesù e augurando buon anno. In cambio si offrono soldi, frutta, dolci o colaci, un pane intrecciato che si cucina soprattutto per le feste o gli eventi importanti.
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Tra i piatti protagonisti del Natale rumeno vi sono sicuramente i sarmale (degli involtini di carne macinata e foglie di verza) e il cozonac (un lievitato con noci o semi di papavero e zucchero).
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Piața Obor, Bucarest 🇷🇴 ⠀ Piața Obor è Piața Obor, Bucarest 🇷🇴
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Piața Obor è il mercato più grande di Bucarest, un posto autentico e pieno di vita nonostante la massiccia riorganizzazione.
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Esiste fin dal XVII secolo, anche se in forme molto differenti. È stato fiera degli animali, luogo di esecuzione pubblica, location per i vari eventi della città, ma soprattutto mercato.
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Gli odori sono decisi e non sempre gradevoli, i colori terrosi e il cibo semplice. Per i rumeni rappresenta molto più di un mercato comunale: a Piața Obor ci si incontra, si beve, si chiacchiera e si combatte fino all’ultima trattativa.
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Vista la grandezza del mercato (26.399 mq!), vi consiglio di gironzolare a dovere tra i banchi e le “terase” per almeno una mattina.
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Cosa acquistare quindi in Piața Obor?
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•barattoli. Di ogni tipo e dimensione. Di solito vengono fatti in autunno a fine raccolto e custodiscono diverse preparazioni (zacuscă, cetrioli, salata de toamna, gogoșari, salata de vinete, fasole batuta etc);
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•artigianato. Il mercato è prettamente alimentare, ma ha anche una piccola sezione di artigiani. Troverete ceramiche splendidamente decorate, cestini, cucchiai intagliati e tessuti;
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•aglio, cipolla e cavolo. Sono tre ingredienti importantissimi nella cucina rumena, qui si trovano di buona qualità e a prezzi davvero vantaggiosi;
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🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •5 musei 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•5 musei da non perdere a Sarajevo
Sarajevo è molto più dei suoi quattro anni di assedio. Senz'altro è un tassello cruciale e spaventoso, soprattutto perché così recente, ma c'è tanto altro da scoprire. Viaggiare dovrebbe aiutarci ad indagare oltre la superficie e credo che in questo, i musei possano essere degli ottimi alleati.
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Ecco 5 musei da non perdere a Sarajevo per scoprirne storia, cultura e artigianato:
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-Sarajevska Vijećnica. Inaugurata nel 1896 e divenuta Biblioteca nazionale nella Seconda guerra mondiale. Il 25 agosto 1992 viene distrutta da un enorme incendio insieme a centinaia di libri, poi ricostruito secondo il progetto originale. La struttura in sé, in stile neo-moresco, meriterebbe una visita, ma nel seminterrato troverete anche una mostra sulla sua ricostruzione e sulla storia di Sarajevo dal 1914 al 2014;
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-Museo olimpico. Dedicato alle Olimpiadi del 1984 e distrutto durante la guerra degli anni '90. La collezione venne salvata grazie al contributo degli abitanti, che decisero di custodirla nei sotterranei della struttura. Oggi si trova a Villa Mandić, tra gli esempi di architettura austroungarica più importanti della città;
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-Museo della biblioteca di Gazi Husrev Beg. La collezione raccoglie più di 1200 pezzi, suddivisi in 5 aree tematiche. Sono presenti opere calligrafiche di artisti locali, manoscritti, tessuti, tappeti, ricami, abiti tradizionali e curiosi dispositivi utili a calcolare l'orario per la preghiera;
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-Casa Svrzo. Casa ottomana costruita nel XVIII secolo dai Glođos, un'importante famiglia di Sarajevo. Il cortile è arricchito dai balconi in legno scuro intarsiato, mentre gli interni sono arredati con vari mobili e suppellettili del periodo;
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•Međurečje
In questo periodo si parla spesso di territori contesi, exclavi, enclavi e affini. Mi è venuto in mente che effettivamente, anche se per nulla conosciuto, anche la Bosnia ha il suo exclave: Međurečje.
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Si tratta di un villaggio di appena 400 ettari, parte della Municipalità di Rudo (Repubblica Srpska, Bosnia ed Erzegovina), ma circondato dalla Municipalità di Priboj (Distretto di Zlatibor, Serbia).
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Il catasto è a carico della Bosnia, ma le vecchie strutture dell'ex Jugoslavia (ad esempio poste, scuole e la stazione di polizia) sono gestite dalla Serbia. La valuta ufficiale è il dinaro, ma si paga anche in marchi e persino in euro.
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Non è molto chiaro il processo che ha portato a questa situazione, visto che i documenti son pochi o inaffidabili. È stato però cruciale il contributo del Sevizio Catastale del Comune di Rudo, che conserva una vecchia carta austroungarica del 1884.
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Quanto stabilito dall'Impero è sopravvissuto alla Jugoslavia e arrivato fino ai giorni nostri. Diventò un problema in seguito alla disgregazione e all' indipendenza delle due repubbliche, quando il confine divenne a tutti gli effetti interstatale.
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Ovviamente l'impatto di questa situazione è tutta a carico degli abitanti, sia bosniaci che serbi. Parliamo di problemi di natura commerciale, economica e amministrativa, ma la difficoltà maggiore è quella di movimento. Per esempio, alcuni piccoli produttori che vendono al mercato di Priboj attraversano ben due valichi di frontiera, pagando doppiamente dogana e tasse. Costituiscono un'alternativa le strade rurali, solitamente in pessime condizioni. Il problema è stato alleviato nel 2005 (ma non completamente risolto) con un accordo che consente il trasferimento di prodotti certificati.
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Questo è quanto riportato nell'unica pubblicazione accademica reperibile online, ad opera di Rajko Golic, professore dell'Università di Belgrado. Purtroppo non vi sono molte altre notizie, tranne alcuni articoli del 2018, che però riportano la medesima situazione.
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•10 documentari e film
Una lista di documentari e film sulla Bosnia e Sarajevo che ho visto e apprezzato in questi anni. Spesso (e inevitabilmente) si parla di guerra ma, alcuni registi, ne approfondiscono scenari quotidiani, di coloro che devono fare i conti con i ricordi e una vita da portare avanti nonostante tutto. 
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-I ponti di Sarajevo. 13 registi raccontano Sarajevo e la sua importanza nella storia europea degli ultimi 100 anni, dall'assassinio dell'Arciduca nel 1914 fino all'assedio degli anni 90. In questa linea temporale, i ponti vengono edificati e distrutti, ricostruiti e vissuti come simbolo di unione e separazione;
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-Scream for me Sarajevo. Nel 1994 Bruce Dickinson tiene un concerto a Sarajevo. Nel documentario decide di raccontare la città assediata, i suoi abitanti e il concerto che "ha cambiato per sempre il modo in cui vedo la vita, la morte e gli altri esseri umani";
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-Il segreto di Esma. È la storia di Esma e Sara, madre e figlia che nel 2006 vivono a Grbavica, quartiere di Sarajevo tra più colpiti dalle ultime guerre. Il film pone il focus su un dubbio che si insinua sempre più insistente nella vita dell'adolescente: vuole sapere chi era davvero suo padre;
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-Back to Bosnia. La storia di una famiglia che, dopo anni dall'assedio, torna in Bosnia per cercare la propria casa;
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-Buon anno Sarajevo. Rahima e Nedim sono due fratelli orfani della guerra in Bosnia. La prima trova conforto nell'Islam e riesce a cambiare vita, ma  le si presenta un'ulteriore sfida: fare da madre a suo fratello adolescente, con tutte le rinunce del caso;
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🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •Zmijansk 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•Zmijanski vez
Ad oggi l'UNESCO ha riconosciuto come Patrimonio Immateriale dell'umanità 549 elementi in 127 paesi del mondo, tre provengono dalla Bosnia: l'intaglio del legno di Konjic (2017), la raccolta dell'erba iva sul monte Ozren (2018) e il ricamo di Zmijanje (2014).
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Quest'ultimo è realizzato dalle donne di Zmijanje (un altopiano vicino a Banja Luka) per decorare abiti da sposa, sciarpe, vestiti, scialli e biancheria per la casa.
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I motivi sono geometrici, spesso romboidali, disegnati a punto croce con un filo azzurro intenso o nero su tessuti chiari. Vi sono dei soggetti ricorrenti, ma ogni donna reinventa secondo la propria fantasia.
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Viene eseguito in gruppo mentre si chiacchiera o canta e trasmesso oralmente, legando il ricamo ad altri elementi del patrimonio culturale come la musica, i rituali e la comunicazione non verbale.
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Ha anche un forte valore sentimentale per gli sfollati, i quali hanno spesso indossato questi indumenti come espressione dell'identità e dell'orgoglio nazionale e locale.
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Radenka Jungić ha dedicato anni a questa tecnica, ricevendo numerosi premi, ma in Bosnia c'è anche chi vuole utilizzare i saperi antichi rinnovandoli. È il caso di ZMIJANJE.design che ha creato una collezione di t-shirt, abiti e accessori stampati con texture ispirate ai ricami.
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Se questa tecnica vi incuriosisce, vi lascio alcuni indirizzi per vedere i manufatti o workshop in cui imparare:
-Zemaljski Musej, Zmaja od Bosne 3, Sarajevo;
-Humanitarno Udruzenje Zena Duga, Ulica Srpska 14, Banja Luka;
-Muzej Republike Srpske, Đure Daničića 1, Banja Luka;
-Museum Ljubačke Doline, Ljubačevo.
🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •Le entit 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•Le entità
In seguito agli Accordi di Dayton la Bosnia è stata suddivisa in due entità: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina (meglio conosciuta come Repubblica Srpska).
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Entrambe hanno la propria capitale, il proprio parlamento, la propria bandiera e persino il proprio sistema postale. Tra i due territori vi è una Linea di Confine Inter-Entità, sempre stabilita negli accordi e che si basa sulla distribuzione dei vari gruppi etnici. Attualmente la Linea non è più controllata militarmente e può essere attraversata senza problemi.
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La Federazione è abitata principalmente da bosgnacchi e croati, mentre la Repubblica Srpska da serbi.
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Un territorio di cui non si parla spesso è il distretto di Brčko, un’unità amministrativa autonoma sotto la sovranità della Bosnia Erzegovina, nel nord-est del paese e parte di entrambe le entità. La popolazione qui è più eterogenea (bosgnacchi 42,36%, serbi 34,58%, croati 20,66%).
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Molti dicono che, prima della guerra, la Bosnia fosse davvero il paese multiculturale che viene decantato ancora oggi. Probabilmente lo era, ma le cartine successive ci mostrano come la situazione sia mutata, mostrando una distribuzione etnica così netta da non lasciare spazio a fraintendimenti.
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Della Sarajevo precedente al 1991 si racconta di come si vivesse in armonia, del senso di comunità. Sembra quasi una favola piena di nostalgia, qualcosa in cui credere ancora, ma non è esattamente una passeggiata tornare buoni vicini dopo una guerra e ci vorrà ben più di un accordo per riuscirci.
🇧🇦 About Bosna i Hercegovina ⠀ •Sarajevs 🇧🇦 About Bosna i Hercegovina
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•Sarajevska žičara
La funivia di Sarajevo è stata inaugurata il 3 maggio del 1959. La stazione di partenza si trovava in via Avdage Šahinagića (ora Dimitrija Tucovića), proprio di fronte al municipio; mentre la stazione d'arrivo a Vidikovac (sul monte Trebević). Il sistema comprendeva 50 cabine, ognuna con quattro posti e il viaggio durava 12 minuti.
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La costruzione vera e propria durò circa un anno, ma i preparativi cominciarono nel 1956. Ad occuparsene furono il progettista cecoslovacco František Šup e le società Impola (Slovenska Bistrica), Termoelektro (Belgrado), Jelšingrad (Banja Luka), Energoinvest (Sarajevo) e Transsexport (Cecoslovacchia).
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Durante l'assedio l'intero impianto fu completamente distrutto, lasciando un vuoto importante nella mobilità e nella memoria dei sarajevesi. Fino ad allora, sia il monte Trebevic che la funivia, furono punti di riferimento, luoghi d'incontro per picnic o lunghe passeggiate. Il rischio di non avere più un collegamento tra il centro e la montagna era proprio quello di abbandonarla per sempre.
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Nell'aprile 2018 qualcosa è cambiato: è stata inaugurata una nuova funivia. 33 cabine con 10 posti ognuna. Due anni in cui Sarajevo ha cominciato a riappropriarsi di uno spazio che le era stato strappato per troppo tempo, dando il via anche ad altri interventi.
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Ancora una volta la comunità resiste.

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